Meraviglie dal tunnel borbonico:
spuntano statue di epoca fascista
In via Morelli «Borbonica sotterranea» ultima lo scavo per aprire a maggio. Ma ci sono ostacoli burocratici
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NAPOLI - Vere e proprie cattedrali nel tufo. È quel che si pensa visitando a bocca aperta le cavità adiacenti al vecchio tunnel borbonico di via Morelli, dove gli operai sono al lavoro per consegnare l'attesissimo nuovo garage scavato nella morbida e gialla pietra napoletana. L’ingresso è dai portici di via Morelli; si entra in un androne semiscuro e dopo una rampa di scale si è subito inghiottiti dal sottosuolo. Altissimo, profondo, che gli operai entro il prossimo dicembre riempiranno per costruire i piani su cui ricavare i box del parcheggio. Poco oltre, addentandosi, si giunge a una serie di cunicoli tufacei che fanno parte del secentesco acquedotto del Carmignano, dove il terreno non fa altro che portare alla luce meraviglie. È la missione dello speleologo Gianluca Minin e della sua associazione «Borbonica Sotterranea», che da tempo lavora con le sue sole forze e l’aiuto di validi volontari con l’obiettivo di rendere fruibile ai turisti il percorso per il prossimo Maggio dei Monumenti.
I tesori del tunnel borbonico
IL RICOVERO BELLICO - Quel che Gianluca ha trovato in quel lembo di viscere di terra ha dell’incredibile: oltre ad antiche riggiole e pipe di terracotta dei mitici «pozzari», numerose sono le automobili degli anni ’40 che il terreno ha riconsegnato. E poi le moto, le «Lambretta» dei nostri bisnonni intatte: tutte del periodo pre-prima guerra mondiale. Non solo: la cavità de tunnel borbonico, voluto da Ferdinando II per permettere alle truppe di raggiungere la zona del porto dal monte Echia, ha rivelato uno dei tanti ricoveri bellici napoletani. Tutt’ora sono visibili le latrine, le scritte sui muri e persino i letti in ferro dei rifugiati dai bombardamenti del ’43.
LE STATUE FASCISTE - L’ultima scoperta è ancora più sensazionale: negli ultimi giorni, dai detriti, sono affiorate sei statue marmoree del periodo fascista. Squadrate, bianche, con scritte alla base che fanno pensare a riproduzioni di imperatori romani. Per un giorno Minin e i suoi uomini hanno potuto utilizzare un bobcart fornito dalla società Cipa Spa di Sorrento, la stessa che si sta occupando dello scavo del garage. Senza il loro aiuto, «Borbonica» non ce l'avrebbe fatta ad estrarre i giganti di marmo del ventennio. Nei giorni successivi, hanno dovuto provvedere a ripulire tutto a mano, scavando il resto avvalendosi solo di pale, picconi e carriole.
L’INDIFFERENZA DEL COMUNE E DEI PRIVATI– Questo la dice lunga sulle condizioni in cui sono costretti a lavorare i ragazzi di “Borbonica Sotterranea”. «Contiamo di restituire alla città questa cavità entro maggio – spiega Minin. – Noi continuiamo a scavare tutti i giorni, ce la stiamo mettendo tutta ma non è facile. Ci sono lungaggini e problemi burocratici che quotidianamente ostacolano il nostro lavoro». Il Comune di Napoli, prosegue Minin, non dà affatto una mano per agevolare l’iniziativa. Nemmeno i privati e le banche napoletane sono sensibili: basti pensare che l’unico finanziamento per poter ripagarsi le spese dell’impianto elettrico e dello scavo, “Borbonica Sotterranea” li riceverà dalla Banca Popolare di Milano. «Eppure – conclude Minin – potrebbe essere un primo passo per la regolarizzazione amministrativa di molte cavità a Napoli, nonché un’occasione di notevole sviluppo turistico – culturale. Con le altre zone sotterranee partenopee le istituzioni non hanno mai fatto problemi: solo con "Borbonica sotterranea" sorgono difficoltà su difficoltà».
Marco Perillo
Da:
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2010/12-marzo-2010/meraviglie-tunnel-borbonico-spuntano-statue-epoca-fascista-1602644397136.shtml
Il tunnel borbonico
corridoio secondario del garage Morelli, futura uscita per le auto, è la porta d’accesso per un mondo segreto. Parte da qui il tunnel borbonico progettato dall’architetto Enrico Alvino su richiesta di Ferdinando II. Il sovrano aveva una piccola, ma fondamentale, necessità: costruire un percorso breve e protetto per spostare velocemente i soldati dalla caserma dell’Esercito (oggi in uso ai carabinieri) a Palazzo Reale, nel caso fosse necessario difendersi da qualche assalto. Su questo cunicolo, oggi, è puntata l’attenzione di un gruppo di giovani geologi-speleologi che da anni lo studiano e sognano di trasformarlo in sito turistico con l’aggiunta di area parcheggio bus, botteghe, spazi per le mostre, pareti per le scuole di alpinismo. Già pronto il piano di recupero, già trovati i fondi (circa 600mila euro), già conquistata la piena approvazione della Soprintendenza, manca il passaggio formale delle concessioni dal Demanio e dal Comune. Gianluca Minin e Enzo De Luzio, l’ideatore e uno dei collaboratori del progetto, fanno da guida per un’esplorazione in anteprima. Ed è un viaggio in salita anziché in discesa, contrariamente a quello che si può immaginare: il piano di calpestìo del tunnel è a livello strada, ma per raggiungere l’imboccatura bisogna attraversare lo scavo in profondità prodotto dal cantiere del parcheggio. Equipaggiamento: un fuoristrada, assi di legno e di metallo per camminare sui «crepacci», scala telescopica, imbracatura di sicurezza con corde e moschettoni da alpinista per superare i dislivelli, caschi con lampadina, torce elettriche. Con il fiato grosso e parecchia polvere sui vestiti si arriva così all’ingresso del tunnel, 250 metri dritti dritti e finalmente in orizzontale. La costruzione del cunicolo cominciò nel 1853 e si fermò due anni dopo, quando mancava poco al punto d’arrivo, per problemi tecnici a quel tempo insormontabili. Intorno al tunnel, ben visibili, altri strati di storia. In alto le cave Carafa (XVI secolo), bacino di tufo per le costruzioni sul Monte Echia; in basso le cisterne dell’acquedotto del Carmignano (XVII secolo); ai lati gli ambienti del rifugio bellico con i resti dell’impianto elettrico e dei servizi igienici, più i piedi di una mastodontica statua di probabile epoca fascista, semisepolti da una montagna di detriti. Affascinante, fin qui. Ma le grandi protagoniste della passeggiata sotterranea sono le auto, le moto e i furgoni accatastati nei box sui fianchi del cunicolo, a memoria del suo utilizzo come deposito giudiziale dei veicoli sequestrati tra la seconda guerra mondiale e gli anni ’70. Leggenda vuole che sia conservata qui anche una vettura usata da Mussolini. Lamiere coperte di polvere e morse dalla ruggine, ma forme e colori si distinguono ancora e resta il tempo per salvarle con un restauro. Ci sono le Balilla e le vecchie Cinquecento, c’è il cimitero delle Vespe e delle Lambrette, c’è il camioncino per le consegne alimentari con la scritta «Botteghe dei Mille», antenato dell’omonimo centro commerciale. Quando il tunnel comincia a restringersi, in altezza e in larghezza, è segno che si comincia ad attraversare la parte più ampia dell’antico acquedotto. Da qui, sulla destra, una scaletta in ferro porta verso le cisterne. Ambiente prosciugato fino all’ultima goccia con le pompe idrovore. Ma in un futuro prossimo - così si legge nel progetto di recupero - la falda sarà lasciata libera di rioccupare i suoi spazi naturali e i visitatori avranno la possibilità di seguire un itinerario alternativo in barca. La luce si fa più intensa, manca poco all’uscita. Per tornare nel mondo di sopra da questa estremità del cunicolo, in attesa che venga terminato il lavoro lasciato incompiuto dai Borbone, bisogna affrontare una rampa con gradini in mattoni, una collinetta di terriccio che si sbriciola sotto le scarpe e due scale a pioli in ferro appoggiate sul muro. E si spunta all’aperto come la banda del buco, da un tombino, nel mezzo di un cortile in via Serra, angolo piazza Carolina. La passeggiata non finisce qui, perché un cancello sbarrato obbliga a ripercorrere tutta la strada al contrario per tornare al punto di partenza. Ma non è un dispiacere, anzi. Il secondo passaggio consente di cogliere altri dettagli, catturare altre immagini, incamerare altre esperienze di viaggio nel passato. «Visto che bello? - sospira Gianluca Minin, geologo innamorato del suo lavoro e della sua città - anni fa potevo lasciare Napoli, ma non l’ho fatto. Non ho voluto mollare. In questa impresa ci credo: il tunnel borbonico, come tante altre cavità che stiamo esplorando, può diventare un sito di grande fascino per i turisti».
da:
www.donnalbina7.it/blog/?p=48